Report sulle armi nucleari ed altre di distruzione di massa in medio oriente

Perchè una campagna a favore dell’istituzione di una zona libera da armi nucleari e altre armi di distruzione di massa in Medio Oriente, deve coinvolgere lo Stato italiano?
Questo interrogativo, anche se non esplicitamente espresso, è presente nel dibattito corrente delle associazioni che operano sul terreno del disarmo e della pace, per cui credo sia utile riesaminare l’intera vicenda sia dal punto di vista politico che da quello della percorribilità.
Formalmente la proposta di un M.O. senza armi nucleari nasce nel 1974 con la risoluzione dell’assemblea generale ONU n.32631 approvata a larghissima maggioranza e con la sola astensione di Israele.
Gli aspetti salienti di questa risoluzione erano: punto 2) si chiedeva agli stati dell’area di dichiarare solennemente che non avevano intenzione di fabbricare, acquisire o possedere armi nucleari; punto 3) si sollecitavano tutti i paesi dell’area ad aderire al trattato di non proliferazione nucleare (TNP) istituito nel 1968; punto 5) si incaricava il Segretario generale ONU di verificare a breve termine la reale disponibilità degli stati interessati ad ottemperare a quanto previsto ai punti 2 e 3.
Nel corso del 1975 il Segretario ONU (Kurt Waldheim) pubblicò un rapporto in cui si esponevano le posizioni di Egitto, Iran, Giordania, Iraq, Kuwait, Barhain, Qatar, Oman, Siria e Israele da cui risultava che tutti i paesi arabi si dichiaravano già aderenti al TNP e pronti a soddisfare la dichiarazione di cui al punto 2), ma nello stesso tempo sottolineavano che era indispensabile per il prosieguo delle trattative che tutti i paesi dell’area aderissero al TNP ( punto 3),
La risposta di Israele2 invece fu la seguente: preliminarmente si dissociava dal percorso indicato dal ONU in quanto riteneva che un trattato come quello previsto dalla risoluzione 3263 poteva essere realizzato esclusivamente attraverso una negoziazione separata e concordata tra gli stati dell’area. Conseguentemente comunicava all’ONU che la dichiarazione di cui al punto 2) poteva essere fatta da Israele solo dopo che la ratifica del trattato fosse avvenuta secondo le modalità da esso indicate, mentre riguardo al punto 3) Israele comunicava che stava esaminando l’argomento da un punto di vista legale e nello stesso tempo sottolineava che gli stati arabi confinanti e non, minacciavano lo stato di Israele e lo ostracizzavano rispetto alla comunità internazionale.
Questo impasse si è ripetuto per 44 anni con altrettante risoluzioni ONU, inutilmente votate a stragrande maggioranza dall’Assemblea generale, fino a quando nel 2018 fu votata una risoluzione che istituiva una Conferenza permanente per realizzare in M.O. un’area libera da tutte le armi di distruzione di massa.
Questo passaggio determinante fu preceduto da un’altra significativa decisione presa nel 1995 in sede di revisione del TNP (quindi con l’avallo dei garanti del TNP nonché membri del Consiglio di sicurezza ONU, USA, Russia e UK) in cui fu introdotta una specifica risoluzione sul M.O.3 che al punto 5 estendeva gli scopi della free zone a tutte le armi di distruzione di massa, con la seguente dicitura: “Si sollecitano tutti gli Stati del Medio Oriente ad adottare misure concrete al fine di procedere verso l’istituzione di una zona del Medio Oriente effettivamente controllabile libera da armi di distruzione di massa, nucleari, chimiche e biologiche, e dai loro sistemi di lancio, e ad astenersi dall’adottare misure che impediscano il raggiungimento di questo obiettivo”.
Nel 2010, in sede della nuova revisione del TNP, questo approccio fu ulteriormente implementato da un’altra dettagliata risoluzione4 in cui, tra l’altro, si stabiliva che: la questione fosse affidata ad una conferenza riservata ai soli stati del M.O. da tenersi nel 2012; fosse nominato un facilitatore, scelto con l’accordo di tutti gli stati dell’area e dei tre garanti del TNP, con il compito di procedere a consultazioni con ogni stato dell’area; il paese ospitante la conferenza fosse scelto di comune accordo; fosse previsto il supporto dell’AIEA e delle organizzazioni preposte al controllo delle armi chimiche e biologiche e che, infine, si riconoscesse il ruolo importante svolto dalla società civile nell’attuazione della risoluzione del 1995.
Come facilitatore fu scelto l’ambasciatore finlandese Jaakko Laajava, il quale avrebbe riferito dell’andamento dei lavori della conferenza alla successiva assise del TNP prevista per il 2015.
Nonostante i vari meeting preparatori tenuti tra e con i paesi interessati, la conferenza non fu mai convocata soprattutto a causa dell’atteggiamento tenuto da Israele e dagli Stati Uniti che, in questa circostanza, si assunsero la responsabilità del suo fallimento con una dichiarazione rilasciata il 23 novembre del 2012 dal portavoce della Casa Bianca Victoria Nuland (la stessa che nel 2014 organizzò la rivolta di Maidan a Kiev nel 2014) in cui si diceva5: “ In qualità di co-sponsor della proposta di conferenza su una zona del Medio Oriente libera da armi di distruzione di massa (MEWMDFZ), prevista nel documento finale della conferenza di revisione del trattato di non proliferazione del 2010, gli Stati Uniti si rammaricano di annunciare che la conferenza non può essere convocata a causa delle attuali condizioni in Medio Oriente e del fatto che gli stati della regione non hanno raggiunto un accordo su condizioni accettabili per una conferenza. Gli Stati Uniti ritengono che persista un profondo divario concettuale nella regione sugli approcci verso la sicurezza regionale e gli accordi di controllo degli armamenti. Queste differenze possono essere colmate solo attraverso un impegno diretto e un accordo tra gli stati della regione. Gli stati esterni non possono imporre un processo alla regione più di quanto possano dettare un risultato. Il mandato per una MEWMDFZ deve provenire dalla regione stessa. Tale principio deve essere alla base di qualsiasi impegno serio su questo tema. Riteniamo che questa conferenza debba discutere un’agenda ampia che copra la sicurezza regionale e tutte le questioni relative alle armi di distruzione di massa, e che debba operare esclusivamente sulla base del consenso tra le parti regionali. Non sosterremmo una conferenza in cui qualsiasi stato regionale sarebbe soggetto a pressione o isolamento. Gli Stati Uniti continueranno a lavorare con i nostri partner per sostenere un risultato in cui gli stati della regione affrontino questo problema sulla base del rispetto e della comprensione reciproci e con il riconoscimento delle sfide inerenti al progresso della sicurezza regionale e del controllo degli armamenti.”
Quando poi, nel 2018, l’assemblea generale ONU votò per istituire la vigente Conferenza permanente per fare del M.O. un’area libera da ogni arma di distruzione di massa, Israele votò contro con la seguente motivazione6 : “ Come menzionato nei nostri interventi precedenti, negli ultimi decenni, l’approccio coerente di Israele è sempre stato costruttivo. Abbiamo sottolineato che qualsiasi processo deve essere condotto su una base consensuale, eminente dalla regione stessa, liberamente raggiunto e inclusivo di tutti gli stati della regione senza pregiudizi, diretto e non tramite terze parti, mirato alla creazione di fiducia e deve prendere in considerazione tutte le preoccupazioni di sicurezza di tutte le parti coinvolte. Le profonde riserve di Israele riguardo a questa iniziativa si basavano su considerazioni sia sostanziali che procedurali. Dal punto di vista sostanziale, Israele è preoccupato, tra l’altro, dai processi di controllo degli armamenti e disarmo che non tengono in debita considerazione il contesto di sicurezza e stabilità quando elaborano misure di disarmo. Tali sforzi possono dare luogo ad accordi e disposizioni che ostacolano anziché rafforzare i processi di disarmo e la sicurezza globale e regionale. Israele ritiene che aderire ai trattati sul controllo degli armamenti non sia un obiettivo o un traguardo di per sé, perché sono inutili se i paesi non vi si attengono o se non risolvono effettivamente i problemi regionali. Israele ritiene che l’elemento più importante sia che vengano stabilite le giuste condizioni, creando fiducia e sicurezza, sicurezza e riconoscimento reciproco. Israele ritiene che sia giunto il momento di affrontare la realtà così com’è.”
Alcune considerazioni
Dal punto di vista dell’adesione ai trattati di non proliferazione nucleare e di proibizione delle armi chimiche (CWC, TNP ) risulta che tutti i paesi arabi dell’area mediorientale hanno aderito al TNP e alla CWC escluso l’Egitto che non ha ancora aderito alla convenzione sulle armi chimiche.
Israele non ha mai aderito alla CWC, ne al TNP e non ha mai accettato ispezioni da parte dell’IAEA.
Riguardo ai vari tentativi fatti in sede internazionale di istituire in M.O., inizialmente un’area libera da armi nucleari e successivamente da ogni arma di distruzione di massa, la posizione di Israele (ma come si è visto anche degli USA) è quella di ritenere che tale obiettivo è realizzabile solo per via consensuale tra i paesi interessati senza ingerenze di terzi. Cioè a dire che la negoziazione di qualsiasi trattato in materia deve scaturire dalla libera volontà degli interessati attraverso trattative riservate che riguardino non solo l’ambito specifico delle armi di distruzione di massa (chimiche, biologiche e nucleari) ma l’insieme delle relazioni fra gli stati interessati a cominciare dalle reciproche garanzie di sicurezza senza le quali le misure di disarmo e/o controllo degli armamenti possono addirittura peggiorare la situazione.
Questo atteggiamento, a mio avviso, non è convincente per le seguenti ragioni.
1) La richiesta di Israele di legare la trattativa sulle armi di distruzione di massa alla sua sicurezza è decisamente strumentale dal momento che, nel proporla, Israele non menziona mai la questione palestinese che è alla base di tutto. Vale a dire che nel mentre chiede riconoscimento e sicurezza per sé, non concepisce nemmeno lontanamente la creazione di uno stato palestinese e neppure di accettare di ritirarsi entro i confini del 1967 come richiesto da 58 anni di risoluzioni ONU.
2) Altrettanto strumentale è identificare tout court l’abolizione delle armi di distruzione di massa in M.O. con misure di disarmo generalizzato che, se attuate, creerebbero ulteriore instabilità, cosa assolutamente non vera dato che gli armamenti convenzionali, di cui Israele è super dotato, non verrebbero intaccati. L’abolizione delle armi di distruzione di massa è giusta in sé a prescindere dal contesto geo politico o dai soggetti coinvolti, come dimostra il non facile cammino del TPNW. Senza dimenticare che è Israele per prima a pretendere che i paesi arabi non arrivino a dotarsi di armi atomiche al punto di bombardare le loro installazioni nucleari come è avvenuto in Siria, Iraq e Iran.
3) La via della negoziazione separata e riservata ai soli stati dell’area è un artificio concettuale per vanificare qualsiasi ipotesi di trattato, a meno che i paesi arabi accettino di sottostare ad un “patto leonino”. I suoi punti di forza sono due: il primo è che si rifà al principio della scelta libera e consapevole da parte dei potenziali contraenti come è stato per gli altri trattati di nuclear free zone attualmente in vigore (primo fra tutti il trattato di Tlatelolco che riguarda tutti i paesi latinoamericani). Il secondo è che i tentativi fatti in sede ONU sono tutti falliti.
Il paragone con precedenti trattati di nuclear free zone però (Latino America; Sud Pacifico; Sud est Asiatico; Africa) è del tutto teorico in quanto queste aeree del mondo si differenziano dal M.O. sia per l’assenza o differenza di conflitti armati tra i contraenti dei rispettivi trattati (i conflitti interafricani non hanno mai raggiunto la vastità e minacciosità di quelli mediorientali), sia perché nessuno dei paesi presenti in ciascuna di quelle aree era detentore di armi nucleari come invece è il caso di Israele. Se Israele occupa il posto che ha nell’attuale scenario internazionale e mediorientale, è anche grazie al potere deterrente del suo arsenale nucleare e non credo che rinuncerebbe a farlo pesare in un ipotetico tavolo di negoziazione con i paesi arabi, tanto più in assenza di terzi soggetti internazionali come richiesto esplicitamente da Israele. Ecco perché, se realizzato, si tratterebbe – a mio avviso – di un “patto leonino”, come del resto sono stati gli accordi di Oslo per i palestinesi.
Tuttavia la via della negoziazione separata è caldeggiata anche da alcune organizzazioni della società civile (come METO, Middle East threaty organization) che negli anni trascorsi hanno dato un contributo assai significativo al tema delle armi di distruzione di massa in M.O. al punto da ispirare la stessa ONU a istituire nel 2018 la Conferenza che si occupa del medesimo tema. Quello di METO è un metodo di lavoro pragmatico e discreto che ha per scopo la finalizzazione di un testo liberamente elaborato dai governi e dalle parti interessate attraverso un processo inclusivo (nel 2022 METO ha prodotto una bozza di trattato in due versioni)7.
Qui sta, in un certo senso, il nocciolo dell’interrogativo di partenza di queste riflessioni. Cioè perché concepire una campagna sul tema del nucleare e delle armi di distruzione di massa in M.O. con tanto di petizione rivolta agli organi dello stato italiano, quando esiste già un intenso lavoro di elaborazione, conciliazione e sollecitazione alle parti in causa per addivenire ad un trattato sulle armi di distruzione di massa in M.O.?
A mio modo di vedere le due cose non sono ne alternative né tanto meno in contrasto, ma semmai complementari anche sotto il profilo delle modalità con cui si svolgono.
L’impostazione della vigente Conferenza ONU, ad esempio, è ispirata alla libera scelta delle parti, così come è scritto nella dichiarazione di apertura: “Dichiariamo la nostra intenzione e il nostro impegno solenne a perseguire, in conformità con le pertinenti risoluzioni internazionali e in modo aperto e inclusivo con tutti gli Stati invitati, l’elaborazione di un trattato giuridicamente vincolante per stabilire una zona del Medio Oriente libera da armi nucleari e altre armi di distruzione di massa, sulla base di accordi liberamente raggiunti per consenso dagli Stati della regione”.
Inoltre le sessioni della conferenza sono riservate esclusivamente ai paesi dell’area così come richiedeva Israele; paesi individuati sulla base di criteri elaborati dalla AIEA (23 paesi arabi più Israele) a cui è riservata ogni decisione, dunque senza interferenze di soggetti terzi. Il supporto tecnico-procedurale è fornito dalla AIEA per gli aspetti legati alle armi nucleari e dalle organizzazioni che controllano le armi chimiche e biologiche. Nessuna pregiudiziale di adesione ai trattati di non proliferazione nucleare o di divieto delle armi chimiche è stata posta a base della conferenza. Ciononostante Israele e Stati Uniti hanno votato contro la sua istituzione (Israele neanche vi partecipa), mentre tutti i paesi europei si sono astenuti. Perchè? Come possono astenersi gli stati Uniti e i paesi dell’Europa quando nel 1974 votarono tutti in favore della eliminazione delle armi nucleari dal M.O.?
Quanto alle avverse argomentazioni di Israele, come ho cercato di illustrare, sono del tutto strumentali e confermano un aspetto che secondo me è alla base di tutto: Israele non intende mettere in discussione o rivedere il suo status di potenza nucleare, perché anche nel caso si perseguisse la via caldeggiata da METO per giungere ad un accordo sulle armi di distruzione di massa, dovrebbe rendere noto che pur di dotarsi del suo arsenale atomico, non ha esitato ad agire fuori da qualsiasi regola, ingannando il mondo intero e mentendo ai suoi stessi cittadini.
La questione di come convincere Israele a rinunciare al suo arsenale nucleare presenta, a mio avviso, lo stesso grado di difficoltà che si registra nel convincere Israele a ritirarsi dai territori palestinesi occupati. Se Israele non si ritira entro i confini stabiliti nel 1967, nonostante 58 anni di risoluzioni ONU chiedano questo, ma continua addirittura nella sua politica di espansione, è perché ha fatto dell’illegalità la sua ragion di Stato e continuerà a esercitarla fino a quando potrà contare sull’appoggio e la condiscendenza degli Stati Uniti e dell’Europa: basti pensare che, pur non avendo mai stabilito quali siano i confini del suo territorio, lo stato di Israele è stato riconosciuto senza alcuna riserva.
Analoga situazione si presenta per quanto riguarda l’arsenale nucleare israeliano di cui tutti sono a conoscenza, ma nessun paese europeo né gli Usa intendono metterlo in discussione, a meno che si crei una forte pressione dell’opinione pubblica in tal senso.
La Conferenza ONU sull’abolizione delle armi di distruzione di massa dal M.O. offre l’occasione di incrinare questo legame omertoso con Israele, nella misura in cui riesce a costringere le nazioni che in sede di conferenza si sono astenute, a schierarsi a favore di un trattato che elimini ogni arma di distruzione di massa dal M.O. che è quanto concretamente si chiede nella petizione inoltrata alle massime cariche dello stato e del governo italiano.
Certamente tutto ciò non è ne facile, né scontato, ma è un obiettivo concreto, comprensibile da chiunque, e se riusciamo -questo è lo sforzo necessario – a renderlo visibile, a far conoscere all’opinione pubblica quale minaccia rappresenti (anche storicamente) l’arsenale nucleare di Israele, certamente ciò non potrà che essere di aiuto a qualsiasi ipotesi di trattativa separata voglia essere perseguita.
Giorgio Ferrari
NOTE
1 https://documents.un.org/doc/resolution/gen/nr0/738/65/pdf/nr073865.pdf
2 file:///C:/Users/utente/Downloads/S_11778-EN-2.pdf
3 https://front.un-arm.org/wp-content/uploads/assets/WMD/Nuclear/1995-NPT/pdf/ Resolution_MiddleEast.pdf
4 https://documents.un.org/doc/undoc/gen/n10/390/21/pdf/n1039021.pdf
5 https://2009-2017.state.gov/r/pa/prs/ps/2012/11/200987.htm